Pulizia apparecchi acustici: 5 consigli

Una regolare routine di pulizia consente di preservare l’efficacia e le prestazioni degli apparecchi acustici nel lungo periodo. È fondamentale, però, tenere a mente alcune preziose indicazioni per evitare errori che potrebbero danneggiare i dispositivi. A questo proposito, potresti trovare utile un piccolo elenco di 5 consigli affinché la pulizia degli apparecchi acustici avvenga in maniera corretta ed efficace. 1. Non lavarli con acqua e prodotti detersivi di uso comune Così come per computer, cellulari, tablet e la maggior parte dei dispositivi tecnologici, l’acqua è nemica degli apparecchi acustici. Lavare gli apparecchi acustici avrebbe delle conseguenze disastrose in quanto andresti a corrodere microchip e componenti elettroniche, danneggiandoli in modo permanente. Per una pulizia sicura, consulta il tuo audioprotesista di fiducia e scopri i prodotti specifici progettati appositamente per gli apparecchi acustici. 2. Usa regolarmente sistemi di deumidificazione Per evitare la formazione di condense e garantire un funzionamento ottimale degli apparecchi acustici, esistono due efficaci metodi di essiccazione. Il primo prevede l’uso di capsule deumidificanti e un contenitore per l’asciugatura. Il secondo metodo, invece, sfrutta la deumidificazione elettronica attraverso dispositivi che non solo asciugano e fanno evaporare acqua, umidità e sudore, ma che esercitano anche un’azione disinfettante tramite una lampadina a raggi UV-C. 3. Assicurati di avere le mani pulite o indossa guanti Sebbene possa sembrare un consiglio scontato, è cruciale sottolineare quanto sia importante evitare l’ingresso di elementi esterni dannosi per gli apparecchi acustici. Anche una minuscola briciola di biscotto potrebbe intralciare una presa d’aria o depositarsi su una zona cruciale alterando la corretta trasmissione del suono. Per evitare qualsiasi rischio potenziale, è consigliabile indossare guanti monouso durante la procedura di pulizia. 4. Effettua la pulizia su una superficie morbida Per evitare danni accidentali durante la pulizia degli apparecchi acustici, assicurati di utilizzare una base di appoggio morbida. Questo ridurrà il rischio di urti indesiderati causati da manovre di pulizia maldestre, proteggendo così i delicati componenti degli apparecchi. 5. Applica filtri paracerume I filtri paracerume sono accessori progettati per prevenire l’accumulo di detriti all’interno degli apparecchi acustici. Questi filtri svolgono un ruolo cruciale nel preservare il corretto funzionamento dei dispositivi, evitando malfunzionamenti causati dall’eccessiva presenza di agenti esterni come cerume, polvere, fattori atmosferici e residui cutanei. In generale, la pulizia regolare è la chiave per garantire che i tuoi apparecchi acustici rimangano in ottime condizioni nel tempo. Non esitare a contattarci per ulteriori consigli o per programmare una visita di manutenzione.
Mini apparecchi acustici: vantaggi e svantaggi

Quando si parla di apparecchi acustici, le dimensioni rimangono tra gli aspetti principali presi in considerazione nella scelta. Perché? Il mito della discrezione Un luogo comune è che l’apparecchio acustico debba essere necessariamente il più piccolo possibile, per non farlo vedere agli altri. Questo mito è stato promosso dalle pubblicità e ha contribuito all’idea che indossare un apparecchio acustico sia qualcosa da nascondere, come se rendesse la persona debole o anziana. Questa convinzione, radicata nell’opinione pubblica, può essere dovuta al fatto che i primi apparecchi acustici erano ingombranti e poco estetici. Ma ora, con i moderni apparecchi acustici disponibili in vari colori e con design eleganti che li rendono accessori trendy, la percezione sta cambiando. Oggi, gli apparecchi acustici endoauricolari, noti come “mini apparecchi acustici”, restano ancora tra i più richiesti per chi è alle prese con problemi di udito. Pro La dimensione molto piccola consente di nasconderli completamente all’interno dell’orecchio, passando facilmente inosservati. Sono personalizzati in base all’impronta auricolare del paziente, garantendo una perfetta aderenza. Inoltre, la loro posizione interna nell’orecchio permette di utilizzare comodamente accessori come occhiali e cappelli. Questa posizione può anche contribuire ad una buona amplificazione del suono, sebbene ciò dipenda dal modello specifico. Come gli apparecchi acustici retroauricolari, anche i mini apparecchi acustici sono calibrati in base ai risultati degli esami audiometrici, restituendo un suono personalizzato. In definitiva, i mini apparecchi acustici offrono discrezione e comfort in ogni situazione. Contro In generale, i mini apparecchi acustici sono efficaci per le perdite uditive lievi, ma meno adatti per quelle più gravi. Molti di essi utilizzano batterie e non sono ricaricabili. Inoltre, sono davvero pochi i dispositivi endoauricolari che offrono funzionalità aggiuntive come la connessione Bluetooth e la regolazione del suono tramite app dedicata. A ciò, si aggiunge il fatto che i mini apparecchi acustici tendono ad avere un prezzo medio più elevato e richiedono una maggiore attenzione alla pulizia e alla manutenzione per garantire una lunga durata. In definitiva, per fare la scelta migliore si consiglia di seguire le indicazioni del proprio audioprotesista di fiducia e iniziare eventuali prove gratuite offerte dal centro. PRENOTA UN APPUNTAMENTO E INIZIA UNA PROVA GRATUITA
Ipoacusia trasmissiva e neurosensoriale: 3 differenze

Le sensazioni descritte da chi sperimenta una perdita di udito sono pressoché uguali per la maggior parte dei pazienti. I cosiddetti sintomi avvertiti dalle persone ipoacusiche sono molto simili, con qualche leggera differenza nell’intensità e nelle situazioni quotidiane in cui si manifestano. In generale, accorgersi di avere un problema di udito significa prendere consapevolezza di non riuscire a sentire bene. A volte grazie ad alcuni segnali inequivocabili di possibile sordità. Altre volte perché una persona vicina, che sia il partner, un parente o un amico, aiuta a farne prendere coscienza. Tuttavia, aspetti più specifici come la natura e la tipologia della perdita uditiva rimangono al di fuori della portata della comprensione del paziente. A partire dalla differenza tra ipoacusia neurosensoriale e trasmissiva, le due principali categorie di perdita uditiva di cui, probabilmente, si conosce poco o nulla prima di una visita specialistica e della conseguente diagnosi. Di seguito, riportiamo le 3 principali differenze. Come suggerisce il termine, l’ipoacusia trasmissiva è la conseguenza di un problema che impedisce una corretta trasmissione del suono, dovuta ad un ostacolo fisico, strutturale, che intralcia il passaggio del suono all’orecchio esterno e medio. Può sorgere in seguito ad un tappo di cerume, un ingrossamento del canale uditivo derivante da un’infezione, una patologia o malformazione ossea (es. otosclerosi), un difetto fisiologico dell’apparato uditivo congenito oppure di origine traumatica (es. perforazione timpano). Si parla, invece, di ipoacusia neurosensoriale quando avviene un malfunzionamento nel passaggio del suono dalle orecchie al cervello che vede coinvolti coclea e nervo acustico. Spesso, è riconducibile ad un’attività meno efficace delle cellule ciliate, ovvero la famiglia di cellule deputate a trasmettere l’informazione sonora al cervello. Diverse forme di ipoacusia trasmissiva possono essere trattate medicamente o chirurgicamente, semplicemente risolvendo la causa sottostante. Il tappo di cerume può essere agevolmente rimosso, così com’è possibile guarire da infezioni, effettuare correzioni ossee o intervenire sulla ricostruzione della membrana timpanica se non si dovesse rimarginare da sola in un paio di mesi. Al contrario, l’ipoacusia neurosensoriale è irreversibile, degenerativa e incurabile, ma può essere gestita con l’adozione di apparecchi acustici o impianti cocleari. Questi ultimi possono essere un efficace rimedio anche per le forme croniche di ipoacusia trasmissiva che non possono essere curate. Le persone con ipoacusia trasmissiva possono avere difficoltà a sentire suoni deboli, ma possono ancora percepire abbastanza bene i suoni forti. Nell’ipoacusia neurosensoriale, invece, la percezione di suoni sia deboli che forti può essere compromessa. Inoltre, l’ipoacusia trasmissiva può influire principalmente sulle frequenze basse dei suoni mentre quella neurosensoriale può colpire una vasta gamma di frequenze, rendendo difficile percepire i dettagli del suono. Motivo per cui, si rende necessario effettuare un controllo dell’udito con esami audiometrici per rilevare con precisione l’entità e la natura della perdita uditiva.
Apparecchi acustici e umidità: 4 consigli

Con l’arrivo dell’estate, oltre al caldo, un altro fattore che può influire negativamente sul corretto funzionamento degli apparecchi acustici è l’umidità. Spesso sottovalutata e poco considerata dai portatori di protesi, l’umidità rappresenta una minaccia invisibile per il loro funzionamento. Pertanto, è importante conoscere le potenziali insidie dell’umidità e imparare come proteggere al meglio i tuoi apparecchi acustici durante la stagione estiva. Gli apparecchi acustici sono dotati di microchip elettronici, che agiscono come microprocessori per elaborare il suono in entrata e restituirlo alle tue orecchie in base alle tue specifiche esigenze uditive. Questi microchip sono realizzati principalmente con materiali metallici, che possono reagire negativamente all’umidità presente nell’aria. Quando gli apparecchi acustici entrano in contatto con un’atmosfera più calda e umida, possono formarsi piccole condense d’acqua che ostruiscono la trasmissione del suono o corrodono le parti metalliche. L’umidità, infatti, può intralciare le prese d’aria o altoparlanti, alterando la qualità del suono e persino causare l’ossidazione dei chip metallici, danneggiandoli irreparabilmente. Inoltre, i frequenti sbalzi di temperatura tra ambienti interni climatizzati e l’esterno caldo possono contribuire alla formazione di condense interne, simili a ciò che accade quando una lattina viene esposta al sole dopo essere stata in frigo. Quindi, è importante prendere misure preventive per proteggere i tuoi apparecchi acustici dall’umidità e dai cambiamenti di temperatura durante l’estate. 4 consigli per evitare danni e malfunzionamenti dovuti all’umidità Proteggere i tuoi apparecchi acustici dall’umidità estiva è essenziale per garantire un’esperienza uditiva ottimale e prolungarne la durata. Seguendo questi consigli e con l’assistenza dei nostri esperti, potrai goderti al meglio i suoni dell’estate senza preoccupazioni. Mantenendo cura e attenzione ai tuoi dispositivi, potrai continuare a vivere pienamente la tua estate con la massima qualità uditiva.
Perdita di udito ed effetti sull’ascolto delle vocali

L’udito è uno dei sensi fondamentali che ci permette di comunicare, comprendere il mondo circostante e stabilire connessioni con le persone più importanti della nostra vita. Tuttavia, i problemi di udito possono influenzare significativamente la nostra capacità di percepire e discriminare i suoni, specialmente quando si tratta di frequenze vocali. Questo comporta delle profonde ripercussioni sulla capacità di seguire le conversazioni con altri, soprattutto in presenza di rumori di sottofondo. Uno studio recente pubblicato su Hearing Research ha esaminato in dettaglio l’effetto della perdita di udito sulla discriminazione delle frequenze formanti nelle vocali, aprendo nuove prospettive nella comprensione di come l’udito influisca sulla nostra percezione del linguaggio e della comunicazione. Per frequenze formanti, s’intendono le parti specifiche dei suoni che emettiamo quando parliamo. Per esempio, quando produciamo vocali come “a” o “e“, il nostro tratto vocale (gola, bocca e naso) agisce come un filtro che modifica le frequenze dei suoni: le frequenze formanti rappresentano le parti più importanti di queste modifiche e ci aiutano a distinguere le diverse vocali. Ipoacusia e frequenze formanti delle vocali: lo studio Lo studio ha coinvolto un gruppo di partecipanti con udito normale e un gruppo con ipoacusia neurosensoriale da lieve a moderata. I partecipanti sono stati sottoposti a test di discriminazione delle frequenze formanti nelle vocali, al fine di valutare la loro capacità di distinguere tra le diverse formanti presenti nei suoni vocalici. I risultati dello studio hanno mostrato un forte effetto della perdita dell’udito sulla discriminazione delle frequenze della seconda formante (F2), mentre l’effetto sulla discriminazione della prima formante (F1) è risultato relativamente piccolo. Differenze tra frequenze della prima e seconda formante La prima formante, indicata come F1, è la frequenza risonante predominante più bassa che si verifica durante la produzione di una vocale. Le sue variazioni sono strettamente legate alle dimensioni e alla posizione della gola. Ad esempio, la vocala “a” ha una F1 bassa. La seconda formante, indicata come F2, è la frequenza risonante predominante successiva nella produzione di una vocale. Le sue variazioni sono influenzate principalmente dalla posizione e dalla forma della bocca. Ad esempio, la vocale “a” tende ad avere una F2 relativamente alta, mentre la vocale “e” ha una F2 relativamente bassa. Conclusioni dello studio La ricerca, quindi, suggerisce che l’ipoacusia neurosensoriale influisce maggiormente sulla percezione delle caratteristiche timbriche del suono, piuttosto che sulla sua frequenza di base. In altre parole, sul timbro o il colore del suono, piuttosto che sulla sua altezza, cioè la frequenza di base del suono. Inoltre, è emerso che l’età e i punteggi sul test rapido del parlato nel rumore sono correlati alle difficoltà nella discriminazione delle frequenze formanti. “I risultati suggeriscono che la percezione delle caratteristiche timbriche dei suoni vocalici può essere compromessa dalla perdita dell’udito, mentre la percezione della loro frequenza di base potrebbe essere meno influenzata”, sintetizzano gli autori dello studio. Queste informazioni sono di fondamentale importanza per gli audiologi e gli scienziati che si occupano di riabilitazione uditiva, in quanto possono contribuire a sviluppare strategie personalizzate per migliorare la comunicazione nelle persone con perdita dell’udito, in attesa di ulteriori evidenze scientifiche.
Udito sensibile: cos’è l’iperacusia?

In alcune circostanze l’udito può rivelarsi deficitario (ipoacusia). In altre, invece, può risultare fin troppo sensibile: questa condizione, chiamata iperacusia, si manifesta con un’accentuata insofferenza per alcuni suoni comuni. Questa insofferenza può essere più o meno accentuata, fino a provocare dolore. Nei casi più gravi, può rendere proibitivo svolgere anche semplici attività come usare l’aspirapolvere, guidare l’auto nel traffico o andare al ristorante. Si tratta perlopiù di suoni che alla maggior parte delle persone non provocano alcuna conseguenza, soprattutto perché emessi ad un volume ritenuto nella norma. Oltre a quelli citati in precedenza, tra i rumori più ricorrenti che provocano insofferenza ai soggetti affetti da iperacusia ci sono il rumore del phon, il tintinnio delle monete, l’abbaiare dei cani, lo scoppio di tuoni o palloncini e persino le risate sguaiate. A causa delle ripercussioni sulla vita di tutti i giorni, l’iperacusia è una condizione che non va sottovalutata in quanto incide in maniera significativa sullo stato emotivo e sull’autostima di chi deve farci i conti. Un udito troppo sensibile, infatti, è fonte di ansia, panico e disagio sociale, soprattutto quando si manifesta nelle forme più gravi. Perché accade? Le cause certe dell’iperacusia sono ancora ignote, tuttavia ci sono alcune ipotesi che vedono questa sensibilità eccessiva a determinati suoni come una conseguenza indiretta ad una situazione di perdita uditiva. Secondo questa teoria, infatti, la condizione di ipoacusia innescherebbe un meccanismo compensatorio distorto del cervello, il quale – per sopperire ai limiti uditivi – andrebbe sotto sforzo incentivando un’amplificazione “sbagliata” e creando il conseguente disturbo. Si tratta di un’ipotesi potenzialmente veritiera in qualche caso specifico, ma che non può ritenersi valida in senso generale considerando che alcune persone riscontrano iperacusia pur non sperimentando alcuna forma di perdita uditiva. In ogni caso, la comparsa di iperacusia è spesso associata ad altre patologie o condizioni che coinvolgono anche il sistema uditivo, tra cui Sindrome di Menière, infezioni dell’orecchio, Malattia di Lyme o ipoacusia da rumore. Come diagnosticare l’iperacusia Si parte dalla descrizione dei sintomi da parte del paziente e si prosegue con un controllo dell’udito approfondito, in particolare gli esami audiometrici consentono di misurare quali sono le frequenze del suono per cui si riscontra una particolare sensibilità uditiva. Il test LDL (Lowest Discomfort Level) è un altro esame uditivo che permette di misurare l’iperacusia, così come l’impedenzometria (o timpanometria). Possibili rimedi Si ritiene che la terapia del suono, ovvero il trattamento più accreditato dalla comunità scientifica per la gestione degli acufeni, possa portare benefici anche in caso di iperacusia. La TRT si basa su una desensibilizzazione del sistema uditivo attraverso la somministrazione di suoni che possano gradualmente “allenare” il paziente a sentire quei rumori che provocano insofferenza. Alcuni pazienti trovano beneficio anche dalla terapia cognitivo-comportamentale attraverso cui riuscire ad accettare e a convivere meglio con il disturbo.
Perdita di udito: 5 segnali da non sottovalutare

Capita raramente di accorgersi immediatamente di avere un problema di udito, in quanto la perdita uditiva – nella maggior parte dei casi – avviene in maniera graduale. Spesso, ci sono alcuni indizi che passano inosservati o che vengono trascurati, ma che invece dovrebbero essere colti e far scattare un campanello d’allarme. A volte intervengono anche fattori emotivi che contribuiscono a far ignorare questi segnali. Un po’ per orgoglio, in quanto la debolezza uditiva viene percepita come segno di fragilità, un po’ per lo stigma sociale sulle persone con problemi di udito e sugli apparecchi acustici. In ogni caso, la salute uditiva è un aspetto molto importante della nostra vita e ogni elemento che possa farci sospettare un principio di sordità non va preso sottogamba, soprattutto perché l’udito ha un impatto forte sulla qualità di vita. A partire dalla salute fisica e mentale. L’udito, infatti, oltre a permettere di sentire bene suoni e voce, ricopre un ruolo cruciale per la salute del cervello e per l’umore, soprattutto nel medio-lungo periodo. Ma quali sono i segnali da non sottovalutare? Di seguito ne riportiamo 5 piuttosto ricorrenti. 1. Ti capita frequentemente di chiedere al tuo interlocutore di ripetere l’ultima parola o frase che ti ha detto. Questo è uno dei primi segnali, soprattutto durante le conversazioni in luoghi aperti o rumorosi. Quando l’udito è in salute, infatti, le nostre orecchie sono in grado di focalizzarsi sulla voce dell’interlocutore, anche in presenza di rumori ambientali (effetto cocktail party). Nel momento in cui l’udito inizia a perdere colpi, questa capacità peggiora gradualmente fino a diventare un ostacolo quasi insormontabile anche se si vuole sostenere una semplice chiacchierata al bar. 2. Hai la tendenza ad alzare il volume della TV, senza che te ne renda conto. È una di quelle situazioni che vengono messe in evidenza da coniugi, familiari o amici. Aumentare a dismisura il volume è una reazione spontanea di chi è alle prese con una debolezza uditiva, ma si tratta anche di una scelta controproducente in quanto l’esposizione prolungata ai suoni intensi contribuisce, a sua volta, al peggioramento dello stato uditivo, diventando così un circolo vizioso. 3. Non riesci a distinguere bene alcune consonanti o sillabe. Avere problemi di udito non è solo una questione di riuscire o non riuscire a sentire suoni e voci a determinate intensità: spesso, le persone ipoacusiche pur riuscendo a sentire bene il suono delle parole riscontrano difficoltà a comprenderle, come se al loro interno mancasse qualche pezzo. Questo accade perché un udito meno performante non riesce a distinguere le parole che hanno una somiglianza fonetica. Basti pensare, per esempio, a lettere come “s” ed “f” che hanno un suono simile. La stessa cosa vale anche per alcune sillabe che, inserite all’interno di una parola o un discorso, suonano praticamente allo stesso modo. 4. Senti spesso un fischio, un fruscio o un ronzio senza che qualcosa o qualcuno in prossimità emetta quel rumore. Questi episodi si chiamano acufeni e non sono direttamente correlati ad una perdita di udito, infatti può capitare di dover fare i conti con episodi cronici di acufene pur avendo un udito in salute, e viceversa. Tuttavia, dal punto di vista statistico, chi percepisce questi rumori è più probabile che sia alle prese con problemi di udito, sebbene non sia ancora emersa una correlazione diretta tra i due fattori. Alcuni studiosi ipotizzano che entrambe le condizioni siano riconducibili ad un malfunzionamento delle cellule ciliate, ovvero le cellule che trasmettono il suono al cervello sotto forma di impulsi nervosi, ma le dinamiche sono ancora tutte da scoprire. 5. Le voci al telefono sono difficili da comprendere. Se per le persone con una buona qualità uditiva può essere difficile sentire le voci al telefono, diventa praticamente proibitivo per le persone ipoacusiche. Questo accade perché le voci al telefono vengono trasmesse attraverso un microfono e un altoparlante, quindi vengono sottoposte a “filtri” che possono causare distorsioni o rumori di fondo, rendendo più difficile la comprensione. In definitiva, se ti capita di sperimentare con una certa frequenza almeno due di queste eventualità, dovresti fare qualcosa al più presto per porre un freno alla sordità prima che possa peggiorare drasticamente la tua qualità di vita, iniziando da un controllo dell’udito. PRENOTA UN CONTROLLO DELL’UDITO GRATUITO IN SEDE E SCOPRI L’INNOVATIVO METODO ARMONIA!
Udito e apparecchi acustici: l’importanza dell’audioprotesista

L’audioprotesista è un professionista fondamentale per il recupero uditivo di una persona. Sebbene si tratti di una figura professionale poco pubblicizzata e conosciuta da chi si appresta per la prima volta ad indossare apparecchi acustici, le sue abilità risultano decisive per consentire alle persone con problemi di udito di sfruttare tutte le potenzialità di questi preziosi dispositivi. Gli apparecchi acustici, infatti, sono dei piccoli prodigi di tecnologia moderna altamente sofisticati che richiedono un’apposita regolazione affinché possano restituire un suono personalizzato, modellato in base alle specifiche carenze dell’utilizzatore. Partendo da quanto emerge dagli esiti di un controllo dell’udito, in particolare dagli esami audiometrici, l’audioprotesista è colui che si occupa della messa a punto degli apparecchi acustici, nonché l’unico specialista legalmente autorizzato a farlo. Chi è l’audioprotesista L’audioprotesista è un professionista tecnico-sanitario specializzato nell’adattamento e nella fornitura di apparecchi acustici, con l’obiettivo di aiutare le persone con problemi di udito a sentire meglio grazie al supporto tecnologico dei dispositivi. Non è semplicemente un rivenditore di apparecchi acustici, ma è lo specialista incaricato di seguire il paziente lungo tutto il percorso di riabilitazione: a partire dalla fase preliminare, ovvero quello della scelta degli apparecchi acustici, passando per la regolazione fino alla fase post-vendita, quella in cui le impostazioni d’ascolto vengono perfezionate nel tempo man mano che l’esperienza con i dispositivi si esprime nella quotidianità. In generale, l’audioprotesista è il responsabile della valutazione dell’udito del paziente e dell’individuazione delle cause del problema uditivo, nonché della scelta dell’apparecchio acustico più adatto alle specifiche esigenze del paziente. Cosa fa l’audioprotesista? Tutto comincia inevitabilmente dall’anamnesi, ovvero la raccolta delle informazioni del paziente relative al suo stile di vita. Oltre a mettere a proprio agio il paziente, l’obiettivo dell’audioprotesista è quello rilevare possibili fattori che possono aver inciso sulla sua qualità uditiva, quindi storia clinica, storia professionale, abitudini di ascolto (es. ascolto in cuffie) e altri parametri che direttamente o indirettamente possono contribuire o aver contribuito a determinare la capacità uditiva del paziente. Poi si entra nel cuore della prima visita presso un centro acustico: gli esami audiometrici, ovvero dei test che permettono di misurare nel dettaglio la capacità uditiva del paziente. E di capire quali sono le frequenze e l’intensità per cui si riscontrano maggiori difficoltà. Il test è semplice e non invasivo: il paziente viene invitato ad entrare in una cabina silente e a riconoscere alcuni suoni (audiometria tonale) e parole (audiometria vocale) che sentirà in cuffia. Dopo aver eseguito gli esami audiometrici, l’audioprotesista riesce a capire se il paziente ha necessità o meno di indossare apparecchi acustici. Nel caso in cui l’ipoacusia riscontrata richieda l’adozione degli apparecchi acustici, l’audioprotesista procede con la regolazione dei dispositivi, attingendo informazioni dall’audiogramma (il referto riepilogativo dei test) ed eventualmente effettuando la presa dell’impronta dell’orecchio, qualora necessario. Ultimate le operazioni, l’audioprotesista consegna gli apparecchi acustici e li fa indossare al paziente per assicurarsi che siano comodi e ben regolati in base alla perdita uditiva. A questo punto, il paziente può uscire e sperimentare i benefici dell’udito migliorato, anche se l’adattamento ai dispositivi richiede tempo. Ecco perché il lavoro dell’audioprotesista non termina qui: quest’ultimo, infatti, è chiamato a seguire il paziente attraverso controlli periodici per adattare gli apparecchi acustici alle sue esigenze, così che possa ottenere il massimo beneficio possibile. VUOI RECUPERARE L’UDITO MIGLIORE? SCOPRI IL METODO ARMONIA!
Acufene e problemi di udito: c’è un legame?

Molto spesso capita che le persone alle prese con problemi di udito percepiscano una sorta di fischio o ronzio più o meno insistente: in questi casi si parla di acufene, un disturbo che si presenta in forma episodica oppure si cronicizza, condizionando la quotidianità di chi ne soffre. Qualcuno descrive l’acufene come un’allucinazione uditiva in quanto il rumore viene sentito soltanto dalla persona che lo percepisce senza che qualcosa nelle vicinanze lo emetta, come se fossero le orecchie stesse a produrlo. Diverse rilevazioni statistiche evidenziano come i problemi di udito siano spesso accompagnati anche da acufeni, e viceversa. Alcuni esperti stimano fino all’80% dei casi, tuttavia le ricerche scientifiche non hanno mai evidenziato una relazione diretta tra le due condizioni. In altre parole, ipoacusia e acufene non sono necessariamente legate l’una all’altra, sebbene spesso si manifestino insieme. Può capitare di avere problemi di udito e non sperimentare acufeni, così come può accadere il contrario, ovvero soffrire di acufeni e avere un udito nella norma. Acufene e ipoacusia: il ruolo delle cellule ciliate Da quanto emerge dalle recenti evidenze accademiche, una delle ipotesi più accreditate sull’origine dell’acufene sarebbe riconducibile ad un malfunzionamento dei meccanismi di trasmissione del suono al cervello. Si pensa, infatti, che il fischio possa essere la reazione ad una sorta di iperattività o attività distorta delle cellule ciliate, ovvero le cellule che trasmettono l’informazione sonora al cervello, le quali – in caso di acufene – fornirebbero “troppi” dati o dati “sbagliati” al nervo acustico, ingannando l’orecchio facendogli sentire un rumore anche se intorno c’è silenzio. Questo spiegherebbe in parte il motivo per cui la perdita di udito risulti frequentemente accompagnata da acufene. Infatti, un difetto nel meccanismo di trasmissione delle cellule ciliate è anche una delle motivazioni principali di ipoacusia neurosensoriale causata dal degrado fisiologico dovuto all’età o dall’esposizione eccessiva ai rumori. Anche se parliamo di esiti scientifici in continua evoluzione, sembra che entrambi i disturbi derivino da qualcosa relativo ad un errato passaggio dell’input del suono al cervello dovuto ad un cattivo funzionamento delle cellule ciliate. Un circolo vizioso Acufene e ipoacusia neurosensoriale sono due condizioni che non possono essere curate, ma gestite attraverso approcci riabilitativi che ne limitino l’impatto sulla vita di tutti i giorni. La gestione degli acufeni si basa perlopiù su trattamenti che aiutino il cervello ad abituarsi al fischio, in modo tale che non se ne “accorga”: questo, per esempio, è l’obiettivo prioritario della TRT, uno dei trattamenti per gli acufeni più accreditati dalla comunità scientifica. Il calo dell’udito neurosensoriale, invece, può essere limitate grazie a dispositivi medici come apparecchi acustici e impianti cocleari: i primi sono supporti tecnologici esterni che agevolano l’ascolto sfruttando il canale uditivo per ampliare e “modellare” il suono in base alle esigenze dell’utilizzatore mentre i secondi, prescritti nelle situazioni di sordità più accentuate, sono apparati elettronici da impiantare chirurgicamente che agevolano il cervello nella ricezione delle informazioni sonore. In ogni caso, non riuscire a sentire bene contribuisce ad acuire l’intensità dell’acufene, così come sentire costantemente un fischio o ronzio rende ancora più difficile il compito di un udito già debole: si crea, quindi, un circolo vizioso senza apparente via di scampo. Acufene e ruolo degli apparecchi acustici Come accennato in precedenza, gli apparecchi acustici aiutano a recuperare una buona capacità uditiva in caso di ipoacusia neurosensoriale. Sebbene non rappresentino un aiuto diretto per il trattamento degli acufeni, possono contribuire indirettamente a ridurre la percezione del fischio in diversi modi, ecco quali: sentire meglio grazie agli apparecchi acustici aiuta ad accorgersi un po’ meno del fischio; gli apparecchi acustici permettono di arricchire l’ascolto con nuove sfumature sonore in grado di sovrapporsi al tinnito; aspetto psicologico: gli apparecchi acustici possono aiutare ad abbattere quel senso di frustrazione di cui si alimenta la stessa acufene; alcuni apparecchi acustici di ultima generazione prevedono specifici programmi anti-acufene tramite App dedicata. In linea generale, gli esiti degli studi sui presunti benefici derivanti dall’uso degli apparecchi acustici per chi soffre di acufene sono contrastanti: qualcuno ne trae vantaggi, qualcun altro no. Ad ogni modo, il consiglio è di farsi seguire da specialisti abilitati che possano guidare verso il miglior percorso possibile, a partire da un controllo dell’udito. VUOI SAPERNE DI PIÙ? CONTATTACI O PRENOTA UN APPUNTAMENTO GRATUITO IN SEDE
Controllo dell’udito: cosa prevede e chi lo esegue?

Come raccomandano le massime istituzioni sanitarie, la prima cosa da fare per proteggere o recuperare un buon udito è recarsi presso un centro specializzato per sottoporsi ad un controllo dell’udito. Questa pratica di prevenzione è utile per le persone di qualsiasi età. Tuttavia, gli esperti suggeriscono agli over 55 di prendere maggiormente a cuore il proprio benessere uditivo in quanto soggetti più a rischio. La motivazione è riconducibile all’inevitabile usura del tempo che può compromettere il corretto funzionamento di orecchie, nervo acustico e altre parti coinvolte nelle nostre capacità d’ascolto. Il controllo dell’udito consiste in una batteria di esami strumentali che permettono di rilevare – nel dettaglio – lo stato di salute dell’udito. E di riscontrare l’eventuale presenza di problemi di udito, fornendo preziose istruzioni all’audioprotesista per tarare gli apparecchi acustici sulle carenze riscontrate. Ma cosa prevede un controllo dell’udito? Chi sono le figure medico-sanitarie adibite ad eseguirlo? Di seguito proviamo a fornire una panoramica. Chi esegue controlli dell’udito? Un controllo dell’udito può essere eseguito da un dottore otorinolaringoiatra, audiologo o da un tecnico audiometrista, ovvero un professionista laureato e adibito all’esecuzione di esami uditivi non invasivi che lavora presso centri per l’udito (o centri acustici). Cosa prevede un controllo dell’udito? La prima fase è quella in cui il professionista raccoglie una serie di informazioni sul paziente per comprendere quali fattori esterni possono aver inciso sulla qualità del suo udito tra cui: storia clinica; professione attuale o svolta in passato (al fine di capire l’eventuale impatto dei rumori sul luogo di lavoro); trattamenti farmacologici; altre informazioni utili allo scopo. Una volta conclusa l’anamnesi, si passa all’ispezione visiva del condotto uditivo (otoscopia) per accertarsi che gli esiti dei test non vengano alterati dalla presenza di tappi di cerume o altro. Poi si entra nel cuore di un controllo dell’udito: gli esami audiometrici. In questa fase, il paziente viene invitato ad ascoltare e riconoscere suoni (audiometria tonale) e parole (audiometria vocale) di varia frequenza e intensità all’interno di una cabina silente, tramite apposite cuffie. In base alle risposte, lo specialista – con l’ausilio di strumentazioni all’avanguardia – è in grado di misurare la qualità uditiva del paziente, rilevando le eventuali criticità sia per l’orecchio sinistro che quello destro. Gli esami restituiscono una panoramica dettagliata sullo stato di salute uditiva, quindi l’eventuale diagnosi di ipoacusia (abbassamento udito), tipologia e gravità dell’ipoacusia e la soglia uditiva, ovvero il suono più basso che si riesce a sentire in una stanza silenziosa. Tutte queste informazioni sono racchiuse nell’audiogramma. Un altro esame che qualche volta viene associato ai test audiometrici è il MATRIX test. Si tratta di simulazioni d’ascolto per valutare la capacità del paziente di udire parole e suoni in presenza di rumori ambientali. Nello specifico, il paziente ascolterà vari suoni sovrapposti (es. telefono che squilla mentre si ascolta la radio). Questo test viene eseguito sia in fase preliminare, prima dell’adozione di apparecchi acustici, sia in fase di scelta degli apparecchi acustici, così da testare le performance dei vari dispositivi in situazioni realistiche. Ti aspettiamo in sede per eseguire un controllo dell’udito gratuito in sede, prenota il tuo appuntamento!