Perché gli italiani non usano apparecchi acustici? Ecco 4 motivi

Gli ostacoli all’utilizzo e all’acquisto degli apparecchi acustici non sono solo economici. Il 4% degli italiani, secondo i dati Eurotrak ITA 2022, non indossa i dispositivi acustici nonostante la prescrizione di uno specialista o addirittura persino dopo averli acquistati. Ecco i quattro motivi principali. Molte persone non li acquistano perché è nella loro percezione che possano essere scomodi, ingombranti e d’ostacolo alla loro vita quotidiana. Se questo poteva essere in parte vero anni e anni fa, oggi gli apparecchi acustici di ultima generazione sono stati ideati e progettati per essere confortevoli e leggeri. In più, sono realizzati su misura in base alla forma del condotto uditivo di ognuno, rendendo l’aderenza efficace ma non fastidiosa. Chi li utilizza, infatti, dopo un po’ addirittura quasi dimentica di averli! 2. Sono solo per anziani A nessuno fa piacere sentirlo, ma il tempo passa e l’udito, come tutte le cose, cambia. La verità è che, come i problemi di vista, anche quelli di udito non hanno un’età precisa. Quindi no, non solo gli anziani soffrono di ipoacusia e hanno bisogno di apparecchi acustici. Recentemente molti giovani e adulti sono a rischio soprattutto a causa di pratiche d’ascolto imprudenti e dell’esposizione prolungata a rumori forti. Poi la volontà di non voler isolarsi dal mondo è tutt’altro che vecchiaia! 3. Non sono davvero utili Tanti sono ancora scettici sulla differenza che possono fare sulla vita quotidiana. Ma il miglioramento c’è ed è evidente. Molti studi hanno dimostrato che la qualità di vita di chi li indossa è di gran lunga maggiore rispetto a chi non li utilizza, poiché si riesce ad interagire con gli altri e godere di ogni momento appieno. 4. Che imbarazzo! “Ma chi esce con questi aggeggi enormi per strada? Cosa diranno di me?” Ecco, l’imbarazzo è un altro degli ostacoli principali. Purtroppo, c’è ancora questo leggero tabù sugli apparecchi acustici: perché vergognarsi di loro e non degli occhiali da vista? Il principio è esattamente lo stesso (e gli occhiali sono anche più visibili, per quanto possano essere carini). E poi, come detto prima, ormai gli apparecchi nuovi sono quasi impercettibili, bisogna che vi fissino l’orecchio per farci caso! Quindi, davvero non ci sono più scuse. Superati tutti i pregiudizi e le barriere, la vita con gli apparecchi acustici può davvero essere la svolta.
Udito e patente: il nuovo Codice della Strada

Dal 14 dicembre 2024, il nuovo Codice della Strada ha introdotto un’importante novità per chi deve conseguire o rinnovare la patente: la valutazione dell’udito sarà effettuata con esami audiometrici strumentali, sostituendo definitivamente il vecchio metodo della “voce sussurrata a due metri”. Cos’è cambiato nel concreto? Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 280 del 29 novembre 2024, la Legge 25 novembre 2024, n. 177 ha stabilito che, così come avviene per la vista, anche l’udito dovrà essere valutato con strumenti adeguati per garantire maggiore sicurezza alla guida. Nello specifico, il nuovo Art. 35, comma 4, lettera s del Codice della Strada prevede: “L’aggiornamento delle modalità di valutazione della funzione uditiva per il conseguimento e il rinnovo della patente di guida tramite l’introduzione di un meccanismo di controllo strumentale”. Cosa significa? D’ora in poi, chiunque debba conseguire o rinnovare la patente dovrà sottoporsi a un esame audiometrico strumentale, una misurazione altamente accurata della capacità uditiva. Questo esame sostituisce il vecchio test della voce sussurrata, considerato ormai obsoleto e poco preciso. Grazie alle nuove disposizioni, la valutazione dell’udito sarà più affidabile e dovrà essere effettuata attraverso l’utilizzo di strumentazioni avanzate e, presumibilmente, sulla collaborazione con specialisti del settore. Quando è entrata in vigore la nuova normativa? Il provvedimento è entrato ufficialmente in vigore il 14 dicembre 2024, quindici giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Quali altre novità sono previste dal nuovo Codice della Strada? Le nuove regole non riguardano solo l’udito. Tra le principali modifiche introdotte nel Codice della Strada troviamo: Se hai bisogno di controllare il tuo udito o vuoi maggiori informazioni sull’esame audiometrico, prenota un test gratuito nei nostri centri.
Mal di denti e fastidio all’orecchio: che connessione c’è?

Il mal di denti è uno dei dolori più difficili da ignorare, capace di condizionare le attività quotidiane. Quando poi i responsabili sono i denti del giudizio, il fastidio può estendersi ben oltre la bocca, coinvolgendo anche altre aree del corpo. Tra queste, una delle zone più colpite è l’orecchio, dove il dolore spesso si irradia, creando una sensazione di pressione o fastidio. A prima vista, questi due disturbi sembrano scollegati, ma esiste una connessione ben precisa tra il cavo orale e l’apparato uditivo. Cosa collega denti e orecchie? La relazione tra denti e orecchie è da attribuire alla rete nervosa e vascolare che li unisce. Il nervo trigemino, che attraversa entrambe le aree, è il principale responsabile di questa interazione. Quando un dente, in particolare uno del giudizio, è infiammato o colpito da un’infezione, può stimolare il nervo trigemino e trasmettere la sensazione di dolore anche all’orecchio. Inoltre, l’orecchio, essendo sensibile ai cambiamenti nella circolazione, può risentire di un’infiammazione o di un aumento della pressione causato da un’infezione orale o gengivale. Nei casi più gravi, batteri o agenti patogeni provenienti dalla bocca possono raggiungere l’orecchio interno tramite il flusso sanguigno o il sistema linfatico, aggravando il problema. Il bruxismo e gli effetti sul dolore auricolare Un’altra causa comune che può creare una relazione tra dolore dentale e fastidio auricolare è il bruxismo, ovvero il digrignamento dei denti. Questo fenomeno, spesso inconscio, si manifesta soprattutto durante il sonno e può provocare: Spesso, chi soffre di bruxismo non si rende conto di digrignare i denti, ma avverte dolori diffusi al risveglio. Se non trattata, questa condizione può peggiorare nel tempo, danneggiando non solo i denti, ma anche le articolazioni mandibolari, con possibili effetti sull’udito. Come affrontare il problema? Se il dolore ai denti si irradia fino alle orecchie, è importante intervenire rapidamente. Ecco alcune indicazioni utili da tenere in considerazione. Denti e orecchie, nonostante siano due apparati distinti, sono strettamente interconnessi. Problemi dentali, come il mal di denti o il bruxismo, possono facilmente coinvolgere l’apparato uditivo, causando fastidi e dolori. Agire tempestivamente, rivolgendosi ai professionisti giusti, è il primo passo per risolvere il problema e prevenire complicazioni future. Un approccio integrato tra salute orale e uditiva può fare davvero la differenza per il tuo benessere quotidiano.
Stress e salute dell’udito: un legame da non sottovalutare

Lo stress è un elemento che incide profondamente sulla qualità della vita e sulla salute dell’intero organismo. Dai problemi cardiaci alle difficoltà digestive, fino ai disturbi del sonno, il suo impatto è noto e ampiamente studiato. Meno diffuso è, invece, il riconoscimento del ruolo dello stress nei problemi legati all’udito. Ansia e tensioni prolungate possono peggiorare significativamente la salute dell’apparato uditivo, influenzando sia la percezione dei suoni sia l’insorgenza di disturbi specifici come l’acufene. Comprendere questo legame è fondamentale per intervenire tempestivamente e migliorare il benessere complessivo. Stress e calo dell’udito: un effetto sulla circolazione Lo stress cronico può essere un fattore determinante per la riduzione delle capacità uditive. Quando siamo sotto pressione, il nostro corpo rilascia cortisolo e altri ormoni dello stress, che possono alterare la circolazione sanguigna. Una buona circolazione è essenziale per il funzionamento delle cellule ciliate dell’orecchio interno, le quali trasformano le onde sonore in segnali elettrici inviati al cervello. Se il flusso di sangue all’orecchio interno è compromesso, queste cellule possono subire danni permanenti, portando a una perdita parziale o completa dell’udito. Inoltre, gli episodi di stress acuto possono scatenare temporanei disturbi dell’udito, come una sensazione di ovattamento o di riduzione della capacità uditiva, che spesso si risolvono una volta eliminato il fattore di stress. Acufene da stress: un circolo vizioso Uno dei disturbi uditivi più comuni legati allo stress è l’acufene, quella fastidiosa sensazione di ronzio, fischio o pulsazione percepita senza una fonte sonora esterna. Lo stress non è solo una causa scatenante, ma può anche peggiorare la percezione dell’acufene, creando un circolo vizioso difficile da spezzare. Il meccanismo è legato all’iperattivazione del sistema nervoso, che amplifica i segnali provenienti dall’orecchio interno e li interpreta come suoni. La buona notizia è che è possibile intervenire per gestire questo disturbo. Tecniche di rilassamento e lo yoga possono ridurre lo stress, migliorando sia la percezione dell’acufene sia il benessere generale. Anche l’uso di apparecchi acustici o generatori di rumore bianco può aiutare a mitigare il fastidio. In casi più complessi, il supporto di un terapista specializzato può offrire strategie personalizzate per affrontare il problema. Conclusione Prendersi cura del proprio udito significa anche gestire lo stress quotidiano. Adottare uno stile di vita equilibrato, che includa una dieta sana, attività fisica regolare e tecniche di rilassamento, è essenziale per proteggere la salute dell’udito. Non ignorare i segnali di allarme: se si avvertono sintomi come acufene persistente o una riduzione dell’udito, è importante rivolgersi tempestivamente a uno specialista. Ricordiamo che intervenire presto non solo migliora la qualità della vita, ma può anche prevenire danni permanenti.
Alzheimer e problemi di udito: due studi che ne sottolineano il legame

Numerose ricerche scientifiche confermano ormai da tempo che esiste uno stretto legame tra Alzheimer e problemi di udito, un rapporto che però potrebbe non essere altrettanto noto al grande pubblico. Alzheimer e ipoacusia condividono molteplici fattori di rischio: sia la difficoltà di memoria sia la ridotta capacità uditiva possono causare nelle persone, in particolare tra gli anziani, una sensazione di impotenza e disagio, che può sfociare in forme di auto-isolamento e rottura dei rapporti familiari e diventare un fattore aggravante per entrambe le condizioni. L’autoisolamento derivante dalla perdita di capacità uditiva contribuisce all’accelerazione del declino cognitivo, poiché la mancanza di stimoli sociali e sonori priva il cervello di input cruciali per mantenere attive le funzioni cognitive. Secondo gli studi condotti presso l’Università di Baltimora, almeno in un caso su tre il deterioramento cognitivo può essere ricondotto a problemi uditivi non trattati, confermando quindi il rapporto tra Alzheimer e problemi di udito. Alcuni studi significativi sul rapporto tra Alzheimer e problemi di udito Ma quali sono le evidenze emerse dagli studi più recenti? L’utilizzo di apparecchi acustici, attualmente considerati l’unica soluzione efficace per compensare l’ipoacusia, può realmente contribuire a mitigare il rischio di demenza senile e Alzheimer? In che modo l’intervento precoce e la riabilitazione uditiva supervisionata da uno specialista audioprotesista possono influenzare l’evoluzione del declino cognitivo? Lo studio dell’Università del Michigan Un’importante ricerca condotta dalla Dott.ssa Elhm Mahmuodi (PhD) e dal suo team presso l’Università del Michigan, ha approfondito il rapporto tra Alzheimer e problemi di udito, confermando la stretta correlazione tra le due condizioni. Lo studio ha coinvolto oltre 110.000 individui a cui era stata diagnosticata la perdita dell’udito, prescrivendo loro l’uso di apparecchi acustici. Tuttavia, solo una parte dei soggetti ha seguito la prescrizione, permettendo ai ricercatori di suddividere i partecipanti in due gruppi: utilizzatori regolari di apparecchi acustici e non utilizzatori. L’analisi dei dati ha rivelato che il gruppo di coloro che avevano utilizzato regolarmente gli apparecchi acustici mostrava una riduzione significativa del rischio di sviluppare Alzheimer e altre malattie cognitive, in particolare: I ricercatori hanno concluso che l’utilizzo regolare degli apparecchi acustici non solo è efficace nel compensare l’ipoacusia, ma contribuisce anche a rallentare l’invecchiamento cerebrale associato a tale condizione. Lo studio sui dati UK Biobank Un altro studio, condotto dal Dott. Fan Jiang (PhD, ha fornito ulteriori conferme. Utilizzando i dati dell’UK Biobank, i ricercatori hanno analizzato un campione di oltre 430.000 soggetti di età compresa tra i 40 e i 69 anni, alcuni dei quali presentavano una perdita dell’udito diagnosticata, con e senza la prescrizione di apparecchi acustici. I risultati hanno mostrato che le persone con ipoacusia non trattata avevano un rischio significativamente maggiore di sviluppare Alzheimer e demenza senile rispetto a quelle senza problemi uditivi. Inoltre, l’uso di apparecchi acustici è risultato associato a una riduzione dell’isolamento sociale (1,5%), della solitudine (2,3%) e della depressione (7,1%), fattori noti per essere correlati all’insorgenza del declino cognitivo. Conclusioni Le conclusioni di questi studi indicano che l’uso di apparecchi acustici nelle persone affette da ipoacusia può ridurre il rischio di demenza a livelli paragonabili a quelli osservati in soggetti senza perdita uditiva. Partendo dall’ipotesi che fino all’8% dei casi di demenza potrebbe essere prevenuto attraverso un’adeguata gestione della perdita uditiva, i ricercatori hanno sottolineato la necessità di un intervento tempestivo e mirato e l’importanza della prevenzione uditiva.
La dieta per mantenere un udito efficiente

In questo periodo si parla ovunque di mangiar bene, cibo salutare e benessere, soprattutto per quanto riguarda l’imminente prova costume. Tuttavia, è interessate sapere che l’alimentazione può influenzare anche la salute uditiva: quali sono dunque gli alimenti che non possono mancare nella nostra dieta per l’udito? I benefici dei folati I cibi che aiutano a preservare meglio l’udito sono quelli ricchi di folati. L’acido folico si trova in abbondanza nelle verdure a foglia verde (spinaci, broccoli, asparagi, lattuga), nelle arance (e il succo di arancia), nei legumi, cereali, limoni, kiwi e fragole, e anche nel fegato. Questo nutriente è altamente consigliato anche per le donne in gravidanza, ma, secondo gli ultimi studi, è particolarmente utile agli uomini per ridurre il rischio di perdita uditiva. Una ricerca condotta dall’American Academy of Otoryngology – Head and Neack Surgery Foundation fa ha dimostrato che gli over 60 che consumano molti cibi ricchi di folati o che assumono supplementi a base di acido folico o vitamina B9 mostrano una significativa riduzione (circa il 20%) del rischio di sordità. Nella stessa occasione, si è evidenziata anche la maggiore fragilità dell’orecchio maschile: gli uomini sono esposti a un rischio di perdita uditiva due volte e mezzo superiore a quello delle donne. Secondo gli esperti, tutto può dipendere dall’omocisteina circolante, che l’acido folico è in grado di ridurre influenzando positivamente sia l’orecchio che il sistema cardiovascolare: l’eccesso di omocisteina nel sangue, infatti, facilita aterosclerosi e malattie di cuore e vasi. Sali minerali per l’udito Anche sali minerali come zinco e magnesio, alla base di qualunque dieta equilibrata, sono preziosi per il nostro udito. In particolare lo zinco, contenuto nei frutti di mare e nel pollame, può prevenire problemi uditivi come l’acufene, mentre il magnesio, contenuto nelle banane e in alcuni tipi di frutta secca, aiuta a proteggere le strutture dell’orecchio interno. Omega-3 e antiossidanti Gli acidi grassi essenziali o grassi Omega-3 svolgono un importante ruolo all’interno della dieta per l’udito: aiutano a mantenere in forma il cervello – che si occupa di tradurre e interpretare gli impulsi nervosi – e salvaguardano il sistema immunitario. Si trovano principalmente nel pesce. Gli antiossidanti, contenuti principalmente nella frutta fresca, rallentano il naturale invecchiamento delle cellule, tra cui anche quelle dell’apparato uditivo. Cioccolato Anche il cioccolato fondente può essere un ottimo alleato contro il calo uditivo. Uno studio condotto dal Seoul National University Hospital ha dimostrato che il consumo di cioccolato riduceva il rischio di perdita dell’udito bilaterale e di ipoacusia acuta. Alcool e acqua Bere molta acqua, una raccomandazione che si applica ad ogni tipo di dieta sana, si applica anche alla dieta per l’udito. L’acqua infatti aiuta il drenaggio dei liquidi, anche quelli delle orecchie, e l’idratazione delle cellule dell’apparato uditivo. L’alcool invece dovrebbe essere eliminato dalla dieta, perché può influir negativamente sulla salute e sulla capacità uditiva. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che assumere quantità eccessive di alcool può danneggiare le cellule ciliate. Queste cellule, collocate nell’orecchio interno, sono indispensabili per l’udito ma, soprattutto, una volta danneggiate assai difficilmente si riparano, portando ad una definitiva perdita dell’udito. Dunque, mangiare sano non solo aiuta a tenersi in forma e in salute, ma permette di conservare anche un udito efficiente. E per l’acufene? Leggi il nostro articolo!
Orecchio tappato: le possibili cause

Le cause del calo uditivo sono molteplici, e non tutte legate all’invecchiamento o al danneggiamento dell’apparato uditivo. Talvolta, infatti, può trattarsi di un calo uditivo temporaneo provocato da qualcosa che blocca fisicamente il passaggio del suono, provocando quella spiacevole sensazione di orecchio tappato e, di conseguenza, rendendo più difficile percepire voci e suoni. L’orecchio tappato o ovattamento auricolare si manifesta, oltre che con l’ipoacusia, anche con una vera e propria sensazione di pienezza auricolare, molto simile a quella che si prova quando si è sott’acqua. Ecco quali sono le cause più comuni di un orecchio tappato. Le cause più comuni di orecchio tappato In alcuni casi l’orecchio tappato può dipendere da un comune raffreddore – di questi tempi, particolarmente diffuso a causa delle allergie ai pollini. Le orecchie, infatti, sono collegate alla rinofaringe (la parte posteriore del naso) dalle tube di Eustachio. Nella cassa del timpano (dove si trovano incudine, martello e staffa), la pelle è predisposta a produrre muco che, in condizioni normali, attraverso le tube, arriva dietro al naso e viene impiantato. Se lo sbocco di queste tube viene ostacolato da un tappo di muco, la secrezione si raccoglie nei timpani e rende difficoltosa la percezione dei suoni: il movimento degli ossicini, infatti, si blocca e per questo si inizia ad avvertire la sensazione di avere l’orecchio tappato. Anche infezioni e conseguenti infiammazioni alle vie respiratorie o all’apparato uditivo possono causare, per lo stesso motivo, un calo uditivo da orecchio tappato. Tappo di cerume Un’altra causa molto comune dell’orecchio tappato può essere un eventuale tappo di cerume: un’ostruzione dell’orecchio che si forma in seguito all’accumulo di secrezione ceruminosa nel canale uditivo esterno, per motivi igienici o patologici, o perché viene alterato il normale scorrimento del cerume verso l’esterno, ad esempio a causa dell’utilizzo scorretto dei cotton fioc che, anziché eliminare il cerume in eccesso, lo spingono e lo compattano verso il fondo del canale uditivo. Vi sconsigliamo caldamente di ricorrere a metodi fai da te, come i coni di cera. Questi rimedi casalinghi consistono in coni di materiale ceroso da inserire nelle orecchie e che, scaldandosi, dovrebbero sciogliere grazie al calore il cerume. Tuttavia, il rischio di ustioni e bruciature sul viso e nell’area intorno alle orecchie è molto alto, per questo sono sconsigliati. Meglio rivolgersi ad uno specialista e utilizzare prodotti specifici, come le gocce sciogli cerume. Sbalzi di pressione Infine, la sensazione di pienezza auricolare o orecchio tappato può verificarsi anche per uno sbalzo di pressione, come quelli a cui siamo sottoposti durante un volo in aereo. L’apparato uditivo non è in grado di bilanciare la sbalzo di pressione causato da rapidi cambiamenti di altitudine durante il volo quindi si avverte una pressione alle orecchie e una sensazione di ipoacusia. Cosa fare se l’orecchio tappato persiste? Se la sensazione di orecchio tappato persiste per lungo tempo è fondamentale una visita dell’otorinolaringoiatra per accertare che non si tratti di patologie più gravi. L’esame impedenzometrico, l’audiometria o anche la rinofibroscopia possono rivelarsi utili allo specialista per formulare una diagnosi. A questo punto sarà lo specialista a effettuare una diagnosi accurata, individuando la reale causa dell’orecchio tappato e le possibili soluzioni da adottare. Nei casi patologici, infatti, l’ovattamento auricolare può essere conseguenza di malattie più gravi: tumori, crescita ossea nelle orecchie, sindrome di Meniere e altro ancora. Il consulto con il medico è essenziale per avere una panoramica più precisa del disturbo.
Alimentazione e acufene: uno studio

L’acufene, un disturbo uditivo caratterizzato dalla percezione di un fischio o di un ronzio nelle orecchie in assenza di stimoli esterni. Sebbene non esista una cura definitiva, secondo uno studio recente pubblicato su Ear and Hearing, alcune pratiche alimentari potrebbero contribuire a ridurne gli impatti. Lo studio Gli autori, infatti, hanno esaminato il legame tra alimentazione e acufene. I ricercatori provenienti da Regno Unito e Stati Uniti hanno analizzato i dati di circa 35.000 partecipanti, tutti compresi nella fascia di età tra i 40 e i 69 anni. I partecipanti hanno fornito informazioni sulla loro alimentazione e sulla presenza di acufene. I risultati dello studio suggeriscono che una dieta ricca di alimenti contenenti vitamina B12 può essere associata a una minore possibilità di sviluppare acufeni. Alimenti come pesce (sardine, tonno, salmone, sgombro, trota), latticini (latte, formaggio stagionato, yogurt), uova, carne bovina e maiale sono ricchi di vitamina B12. Al contrario, un’elevata assunzione di grassi, ferro e calcio sembra essere correlata a una maggiore vulnerabilità ai problemi uditivi. Inoltre, gli alimenti ricchi di vitamina D sono emersi come alleati del benessere uditivo. Tuttavia, è importante sottolineare che questi risultati derivano da uno studio osservazionale, e ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere meglio la relazione di causa-effetto tra alimentazione e acufene. In generale, includere nella propria dieta alimenti come pesce, latticini, uova e carni magre può contribuire a garantire un adeguato apporto di vitamine benefiche per l’udito. Ecco perché fegato e frattaglie, oltre a essere ottime fonti di vitamina B12, possono essere considerati preziosi elementi per preservare il benessere uditivo. In conclusione, una corretta alimentazione potrebbe svolgere un ruolo significativo nel mitigare il fastidioso fischio associato all’acufene. Continueremo a seguire la ricerca in questo campo per approfondire la comprensione di tali correlazioni.
Ipoacusia da rumore: cosa devi sapere

Insieme all’età, uno dei principali fattori responsabili della perdita uditiva è l’esposizione ai rumori forti. Questa condizione, chiamata ipoacusia da rumore, è piuttosto comune tra chi lavora, o ha lavorato in passato, in ambienti rumorosi senza proteggere le orecchie con tappi adeguati. Contrariamente a quanto si pensa, non è solo un suono improvviso e forte (come uno sparo o un’esplosione) a poter causare perdita di udito. In realtà, questa forma di sordità può manifestarsi in maniera graduale, derivante da un’esposizione costante a rumori “stressanti” per le orecchie, sia sul lavoro che a casa. Anche l’ascolto prolungato di musica ad alto volume tramite cuffie può causare ipoacusia da rumore. Come si manifesta? La perdita uditiva da rumore si presenta con una certa difficoltà nel sentire suoni e voci, soprattutto all’aperto e in presenza di rumori di fondo. Può progredire lentamente verso una sordità più accentuata, essere accompagnata da acufeni (fischio o ronzio nelle orecchie) e da una sensazione ricorrente di orecchie “ovattate”. Riconoscimento dell’ ipoacusia da rumore come malattia professionale Determinare se l’ipoacusia da rumore è considerata una malattia professionale è un processo intricato che coinvolge l’anamnesi lavorativa e una valutazione specialistica. Quest’ultima è cruciale per identificare un danno uditivo irreversibile derivato dall’ambiente di lavoro. Il tracciato audiometrico, solitamente impiegato per diagnosticare l’ipoacusia da rumore, presenta alcune caratteristiche tipiche, come la presenza di ipoacusia neurosensoriale (spesso bilaterale e simmetrica). Questa condizione mostra una progressione iniziale rapida nei primi 15 anni, seguita da un rallentamento. Inoltre, il tracciato può evidenziare un’incisura alle frequenze di 3000, 4000 o 6000 Hz, con una risalita a 8000 Hz. Importante notare che il danno uditivo è spesso causato solo da rumori inferiori a 75 dB per le alte frequenze e 40 dB per quelle medio-basse. Tuttavia, la valutazione medico-legale di tracciati asimmetrici risulta essere estremamente complessa e non sempre univoca, come indicato nel documento dall’INAIL. Questo sottolinea la sfida nel determinare il riconoscimento legale di situazioni uditive non uniformi a causa del rumore sul luogo di lavoro. Consigli utili Per coloro che lavorano in ambienti rumorosi, è fondamentale rivendicare il diritto di utilizzare tappi antirumore per le orecchie, come richiesto dalla legge italiana. Altri suggerimenti includono il rispetto della regola 60/60 quando si ascolta la musica con cuffie: non superare il 60% del volume totale e limitare l’ascolto a massimo 60 minuti. In caso di perdita uditiva da rumore, è importante sottoporsi a un controllo dell’udito per valutare la situazione. Questo può aiutare a intraprendere un percorso di riabilitazione uditiva, che potrebbe includere l’uso di apparecchi acustici appositamente programmati in base alle specifiche necessità uditive.
Farmaci ototossici e presbiacusia: uno studio

I farmaci ototossici sono quei medicinali in grado di provocare una perdita uditiva temporanea o permanente, sia in modo diretto che indiretto. Non è necessario che questi farmaci presentino l’ipoacusia come effetto collaterale immediato per essere classificati come tali. L’ototossicità di questi farmaci, infatti, può manifestarsi a seguito di abuso, assunzione combinata ad altri medicinali, durata prolungata del trattamento e altre variabili. In questa categoria rientrano soprattutto alcuni farmaci chemioterapici, oltre ad antibiotici, diuretici e antinfiammatori di uso comune. Qualche tempo fa, il Journal of the American Association of Nurse Practitioners ha pubblicato uno studio che esplora un argomento di crescente rilevanza per la salute degli anziani: l’impatto dei farmaci ototossici sulla presbiacusia, ossia la perdita uditiva legata all’invecchiamento. Lo studio Gli autori hanno riscontrato che il 91% degli anziani campionati stava assumendo farmaci ototossici al momento della ricerca, con farmaci antinfiammatori non steroidei in testa alla lista seguiti da paracetamolo e diuretici. Considerando che l’età avanzata rappresenta un fattore comune di ipoacusia a causa dei cambiamenti strutturali e chimici che avvengono nell’orecchio interno dovuti all’invecchiamento, lo studio intendeva esplorare il ruolo dell’ototossicità correlata ai farmaci nell’accelerare la perdita dell’udito. Nello specifico, gli autori hanno analizzato i dati provenienti da due studi epidemiologici basati su un ampio campione di popolazione anziana sottoposti a esami nel 1993–1995, 1998–2000 e 2003–2005. La prevalenza dell’uso di farmaci ototossici è stata valutata in relazione all’età e alla perdita dell’udito. Conclusioni dello studio Sebbene l’associazione diretta tra l’uso di farmaci ototossici e la perdita di udito non sia risultata statisticamente significativa, i partecipanti che assumevano un numero maggiore di questi farmaci mostravano una perdita dell’udito più marcata rispetto a quelli che ne assumevano meno. “L’aumento dell’uso di farmaci ototossici tra gli anziani solleva preoccupazioni sulla possibile escalation della perdita di udito. Gli operatori sanitari, in particolare gli infermieri professionisti, devono considerare attentamente gli effetti ototossici quando prescrivono farmaci a persone anziane, soprattutto quelle con comorbilità. È essenziale un monitoraggio regolare dell’udito e la valutazione della necessità di modifiche nei farmaci ototossici”, sottolineano gli autori. L’auspicio, quindi, è che gli infermieri professionisti e altri operatori sanitari siano proattivi nel considerare gli effetti collaterali ototossici e cercare alternative quando possibile. PRENOTA UN TEST DELL’UDITO GRATUITO IN SEDE