L’udito è uno dei sensi fondamentali che ci permette di comunicare, comprendere il mondo circostante e stabilire connessioni con le persone più importanti della nostra vita. Tuttavia, i problemi di udito possono influenzare significativamente la nostra capacità di percepire e discriminare i suoni, specialmente quando si tratta di frequenze vocali.
Questo comporta delle profonde ripercussioni sulla capacità di seguire le conversazioni con altri, soprattutto in presenza di rumori di sottofondo.
Uno studio recente pubblicato su Hearing Research ha esaminato in dettaglio l’effetto della perdita di udito sulla discriminazione delle frequenze formanti nelle vocali, aprendo nuove prospettive nella comprensione di come l’udito influisca sulla nostra percezione del linguaggio e della comunicazione.
Per frequenze formanti, s’intendono le parti specifiche dei suoni che emettiamo quando parliamo. Per esempio, quando produciamo vocali come “a” o “e“, il nostro tratto vocale (gola, bocca e naso) agisce come un filtro che modifica le frequenze dei suoni: le frequenze formanti rappresentano le parti più importanti di queste modifiche e ci aiutano a distinguere le diverse vocali.
Ipoacusia e frequenze formanti delle vocali: lo studio
Lo studio ha coinvolto un gruppo di partecipanti con udito normale e un gruppo con ipoacusia neurosensoriale da lieve a moderata. I partecipanti sono stati sottoposti a test di discriminazione delle frequenze formanti nelle vocali, al fine di valutare la loro capacità di distinguere tra le diverse formanti presenti nei suoni vocalici.
I risultati dello studio hanno mostrato un forte effetto della perdita dell’udito sulla discriminazione delle frequenze della seconda formante (F2), mentre l’effetto sulla discriminazione della prima formante (F1) è risultato relativamente piccolo.
Differenze tra frequenze della prima e seconda formante
La prima formante, indicata come F1, è la frequenza risonante predominante più bassa che si verifica durante la produzione di una vocale. Le sue variazioni sono strettamente legate alle dimensioni e alla posizione della gola. Ad esempio, la vocala “a” ha una F1 bassa.
La seconda formante, indicata come F2, è la frequenza risonante predominante successiva nella produzione di una vocale. Le sue variazioni sono influenzate principalmente dalla posizione e dalla forma della bocca. Ad esempio, la vocale “a” tende ad avere una F2 relativamente alta, mentre la vocale “e” ha una F2 relativamente bassa.
Conclusioni dello studio
La ricerca, quindi, suggerisce che l’ipoacusia neurosensoriale influisce maggiormente sulla percezione delle caratteristiche timbriche del suono, piuttosto che sulla sua frequenza di base. In altre parole, sul timbro o il colore del suono, piuttosto che sulla sua altezza, cioè la frequenza di base del suono.
Inoltre, è emerso che l’età e i punteggi sul test rapido del parlato nel rumore sono correlati alle difficoltà nella discriminazione delle frequenze formanti.
“I risultati suggeriscono che la percezione delle caratteristiche timbriche dei suoni vocalici può essere compromessa dalla perdita dell’udito, mentre la percezione della loro frequenza di base potrebbe essere meno influenzata”, sintetizzano gli autori dello studio.
Queste informazioni sono di fondamentale importanza per gli audiologi e gli scienziati che si occupano di riabilitazione uditiva, in quanto possono contribuire a sviluppare strategie personalizzate per migliorare la comunicazione nelle persone con perdita dell’udito, in attesa di ulteriori evidenze scientifiche.